giovedì 27 gennaio 2011

Questione acqua a Napoli.



ACQUA PUBBLICA A NAPOLI

UN PO' DI CHIAREZZA

Il comune di Napoli con tre delibere nel mese di dicembre 2010 ha riaffidato il servizio idrico all’Arin S.p.A. cambiando lo statuto dell’azienda, adeguandola alla disciplina del controllo analogo. Con questa operazione, resa possibile dal regolamento attuativo della legge Ronchi, il Comune ha messo al riparo l’Arin SpA che conserva così l'affidamento fino al prossimo dicembre.
Un gesto dovuto e fatto in extremis per evitare la fine dell’affidamento, come previsto dall’odiata legge Ronchi che da più di un anno stiamo combattendo, e che avrebbe lasciato l’acqua di Napoli senza un ente gestore.


L’alternativa sarebbe stata la messa a gara del servizio idrico e la vendita ai privati dell’acqua di Napoli. Grazie ai Comitati di Napoli e della Campania che hanno mantenuto un’attenzione vigile e costante sull’acqua della città, informando l’opinione pubblica del pericolo della privatizzazione attuando presidi, volantinaggi, convegni e la grande manifestazione del 4 dicembre u.s., è stata scongiurata questa possibilità, spingendo l’amministrazione comunale a fare almeno il minimo indispensabile per non cedere l’acqua ai privati.

Dovremmo dichiararci soddisfatti? Sì, siamo soddisfatti che si sia evitato il peggio. Non siamo per nulla soddisfatti rispetto all’obbiettivo della ripubblicizzazione, di smetterla con le società per azioni e di trattare l’acqua come merce, di ritornare ad una gestione totalmente pubblica, ossia una gestione diretta da parte del Comune.
Le delibere del Comune vengono infatti dopo 5 anni di immobilismo o peggio di tentativi di privatizzazione, come quello dell’ex assessore alle risorse strategiche Cardillo, poi dimessosi per problemi giudiziari. Anche negli ultimi mesi del 2010, dopo che eravamo riusciti a far istituire un tavolo tecnico per valutare la possibilità di gestione tramite azienda speciale o altro ente pubblico, con una pressione costante sulle istituzioni e la presentazione di piani di fattibilità per la ripubblicizzazione del servizio idrico, non si è andati al di là di dichiarazioni di principio: il tavolo tecnico non ha prodotto nulla e nessuna risposta nel merito è venuta.
E tutto questo ben prima che la Corte Costituzionale si esprimesse negativamente sulle aziende speciali, in una sentenza che però non riguardava la legittimità o meno di gestire l’acqua con aziende speciali.
Oggi ci dicono che una gestione diretta del Comune o con azienda speciale, senza S.p.A., non è possibile a causa di questa sentenza della Corte Costituzionale (che, ripetiamo, non aveva come oggetto la fattibilità delle aziende speciali). Allora perchè prima non si è discusso nelle sedi appropriate le nostre proposte di fattibilità?

Perchè dopo due anni di richieste di tavoli tecnici per valutare l’effettiva possibilità di abbandonare la strada delle società per azioni per una gestione pubblica, prima con l’assessore Realfonzo ed ora con l’assessore Saggese, viene istituito un tavolo a fine mandato che non ha prodotto nulla? Una mossa propagandistica di fine legislatura?

L’affidamento all’Arin S.p.A. in deroga alla legge Ronchi lascia la situazione immutata rispetto al 2010. Rimane in mano ad una società che gestisce il servizio in maniera privatistica ed il cui fine sono gli utili e l’espansione degli affari. Basti pensare al fatto che l’Arin è coinvolta nella costruzione della centrale a biomasse di Casoria (un impianto inutile ed inquinante) ed ai giochi di assunzioni e spostamento di lavoratori che stanno subendo gli addetti della Net Service (una azienda controllata dall’Arin che si occupa della rete idrica).
Se per qualche motivo non si dovessero fare i referendum nel 2011 o la nostra richiesta di moratoria sulle privatizzazioni non dovesse avere seguito l’acqua di Napoli rischierebbe,ancora una volta, come ha rischiato nel 2010, di essere privatizzata.

L’amministrazione uscente ha dimostrato negli anni che questo il massimo cambiamento che può proporre è stato il mantenimento dello status quo. Se solo avesse avuto il coraggio di cambiare veramente e provare ad essere il primo comune d’Italia a rendere l’acqua pubblica, senza S.p.A., noi l’avremmo sostenuta. E pensare che avrebbe potuto essere il primo Comune d’Italia a ripubblicizzare il servizio idrico, senza ricorrere a Società di capitali.

L’unica aspirazione al cambiamento sull’acqua l’hanno dimostrata il milione e quattrocentomila cittadini che hanno firmato per i referendum, e tutti coloro che hanno partecipato in varia forma alle mobilitazione di questo straordinario movimento per l’acqua pubblica. È grazie a loro che oggi siamo impegnati nell’organizzazione della campagna referendaria per l’abrogazione della legge Ronchi e per eliminare l’odiosa norma che garantisce il 7% dei profitti alle gestioni privatistiche (alla faccia del libero mercato!). Adesso si apre la fase più importante di questa battaglia di civiltà; occorre costruire confronto e discussione capillare in ogni angolo del Paese per costruire conoscenza e partecipazione: i presupposti per la costruzione di una nuova democrazia dal basso nel Paese dei tagli alla conoscenza e degli imperatori decadenti.


Non a caso si scrive acqua, si legge democrazia.

Comitato Acqua Pubblica Napoli

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